lunedì 29 giugno 2009

Parcheggiatori abusivi

A napoli non basta mettersi una coppola in testa per diventare parcheggiatore abusivo. Il parcheggiatore è una falange del potere criminale che impone con una muta minaccia un pedaggio senza ricevuta. Si vabbò la sto facendo pesante ma a finale chell è.
Non so se esistono parcheggiatori abusivi in altre parti di italia, quando mi è capitato di vederne a roma, ahimè, avevano sempre accento napoletano.
A buenos aires siamo ancora agli albori di questa ignobile arte. Basta dotarsi di uno straccio, una pezza, una tela, qualcosa, e sbandierarlo nell'aria, per far capire all'automobilista di turno che per la incolumità del suo coche è meglio versare un contributo.
Soprattutto nel fin de semana spuntano come i funghi.
Il porteno, come il napoletano, paga tutti giorni, tutta la vita, piccole tasse come questa, non dichiarate, non registrate, non scritte, per il semplice quieto vivere, o meglio per non affaticarsi troppo nell'alzare la testa per chiedere che fine hanno fatto i propri diritti.

giovedì 25 giugno 2009

La cola

La cola sarebbe la coda. A buenos aires ci sono vari tipi di code, sempre molto ordinate. Non ho mai visto resse fino ad ora. La gente attende in fila anche l'autobus. Funziona che si dispongono in fila sul marciapiede, in fila nel senso di uno dietro l'altro, nel senso che chi arriva ultimo di mette in fondo. Indugio per convincere gli italiani che funziona davvero così. Quando dico agli argentini che in italia non esistono file per gli autobus mi dicono: "e come fate?".
Io mi sono risposto che in realtà qui la fila la fanno perchè i colectivos li usano davvero in tanti e se non la facessero sarebbe davvero un casino.
Quando sono arrivato a buenos aires oltre alle file per l'autobus mi avevano colpito molto le file fuori dalle farmacie. Mi aveva fatto molto terzo mondo. Mi dicevo "bene, può essere che c'è un razionamento dei medicinali e quindi la gente deve fare la fila per rifornirsi", sottotesto: che pena.
In realtà qui stanno avanti, stanno con le pezze al culo ma c'è una rete di pagamenti capillare che si chiama rapipago (poi ci sono anche pagofacil, link, banelco, che più o meno penso facciano le stesse cose però boh) che sfrutta farmacie, ricevitorie del lotto e quanto altro per pagare ogni tipo di bolletta.
Quindi vai in farmacia per pagare le bollette della luce, ovviamente in questo modo mentre fai la fila che fai uno spazzolino o una piastra per capelli che fai non te la conpri? la vasellina è in omaggio.


Comida - Medialunas


La medialuna sarebbe il cornetto. A buenos aires ricadono nella categoria delle 'facturas', ovvero i dolci da colazione (che poi in generale li si può mangiare tutto il giorno) che si comprano a 'docena', ovvero a dozzine.Mediamente una docena di facturas costa 15 pesos, ma anche meno.
Si va dai saccottini, ovviamente ripieni di dulce de leche, alle trecce, alle ciambelle e così via.
Ma la factura per antonomasia è la medialuna che a sua volta si distingue in medialuna de manteca (ovvero di burro) e medialuna de grasa (ovvero con grasso bovino).
Io mi sono innamorato delle medialuna de manteca di alimentari, che all'inizio pensavo fosse l'ennesima boutique del gusto e invece è una delle tante rosticcerie che fanno empanadas, tartas e facturas.
Ce ne sono 4 se non erro in tutto il microcentro. Addentare una medialuna de manteca di alimentari è come mordere un panetto di burro macerato con lo zucchero, una goduria per le papille, un inferno per il colesterolo.

mercoledì 24 giugno 2009

Comida - Chincharrones

Quando meno te lo aspetti ritrovi nella comida portena un pezzo di casa.I chincharrones, che poi sarebbero i cicoli, quelli che a napoli si mangiano nel pane con la ricotta o si innestano nei casatielli più pregiati.
Basta poco per scoprire che in diverse forme si trovano un po in tuti i paesi del sud america e mi sa mi sa che a napoli li hanno portati gli spagnoli.
Esistono anche nel resto d'italia? molto probabilmente, ma vuoi mettere con quelli napoletani?:)

martedì 23 giugno 2009

Quattro frecce <-->

Le strade di Buenos Aires, tolte le avenida, che sono le arterie e/o le vene della ciudad, sono calles a senso unico, ad una due corsie.
Io vorrei sapere perchè ogni volta che un argentino si ferma deve mettere le quattro frecce (!!!).
Me pone loco.
Per accostare, invece di mettere una freccia (che poi lo dice stesso il nome, freccia, che serve ad indicare una direzione, una intenzione), loro le mettono tutte e quattro ed io, in bici, non so mai dove mi devo buttare.

domenica 21 giugno 2009

Festa del papà

Oggi in argentina è la festa del papà, è già da un paio di settimane che la pubblicizzavano e alla fine è arrivata.Rigorosamente la terza domenica, in modo che i portafogli siano ben pieni per lubrificare la macchina economica.Ci sono offerte un po' dappertutto, in una società tan machista il dia del padre ha un certo peso.
Ieri mattina sul presto ha bussato alla porta di casa un ragazzino, 18 anni al massimo, tutto ingiacchettato e vestito di un falso sorriso smagliante pronto ad appiopparmi un simil profumo di quinto ordine dal nome improponibile.
Fa anche lui parte dell'indotto del dia del padre.

venerdì 19 giugno 2009

Grazie

Adesso mi sento più al sicuro

Questione di font

Il font scelto esprimerà pure appieno l'incorruttibilità del tenente general ma io vi assicuro che da lontano non si legge un cazzo




Provate ad allontanarvi di un metro dal vostro schermo.

mercoledì 17 giugno 2009

Burocrazia I

Io sono qui con una residencia temporanea. La prassi prevede come ultimo passaggio l'assegnazione di un DNI (documento nacional de identidad [???]).
Il DNI è centralizzato e molto importante. Ti registri a un sito web e ti chiedono il DNI, compri una cosa a rate e ti chiedono il DNI, ti prenoti per andare al cesso e ti chiedono il DNI.
Essendo un numero unico e progressivo le persone riescono a risalire alla tua età direttamente dal DNI attraverso calcoli empirici basati sulla natalità. Per cui fornire con superificalità alla vicina capera il proprio DNI equivale a comunciare la propria età con uno scarto di pochi anni.
Per il mio DNI è tutto pronto. Devo solo recarmi lì con tutti i documenti del caso.
Quando? c'è scritto sulla ricevuta...

martedì 16 giugno 2009

SMS e fregature, ovvero il costo di un accento

Un byte sono 8 bit. Di questi per codificare un carattere in un sms se ne usano 7.
Con 7 bit si riescono ad indicizzare fino a 128 simboli, che poi sarebbero lettere maiuscole e minuscole, numeri e caratteri 'speciali' (quelli che appaiono tenendo premuto l'asterisco).
L'alfabeto spagnolo ha anche alcuni simboli che non sono inclusi nell'alfabeto GSM descritto, come ad esempio la 'ò' però con l'accento dall'altro lato (non c'è manco sulla mia tastiera italiana) o la 'u' come in 'música'.
Succede allora che i telefonini devono codificare con l'alfabeto che usa 2 bytes per ogni carattere.
Ciò significa che se si utilizza anche uno solo di questi caratteri speciali il vostro messaggio passa da una lunghezza massima di 140 caratteri ad una misera di 70, e tutto per aver scritto musica!
ovviamente il T9 non ti viene incontro magari omettendo il carattere speciale.
Quante persone si saranno rese conto di questa cosa? quante pagano due sms per l'invio di uno?
nessuno mi toglie dalla testa che più che frutto del caso sia una cosa voluta... vabbè ma si sà io penso sempre male,e poi la soluzione quale sarebbe? sacrificare la grammatica spagnola per pochi pesos? e così sia!

Casta

Se a buenos aires giri in bici significa che non hai nemmeno i soldi per il colectivo (1.5 pesos in media) e sei automaticamente declassato. Ti appiccicano una etichetta al collo tipo segno di caino e sei marcato. Ovviamente ciò si applica dall'uno e dall'altro lato.

Ieri mi ero perso girando per recoleta (che per un napoletano non so perchè è la 'recoletta'), e i coomenti sulla recoletta meritano un altro post.
Ho chiesto indicazioni ad una ragazza e questa ha girato la faccia e se n'è andata.Senza rispondere.
Ora io capisco che magari i miei amici negri dalle loro bici, da dietro la gabbia invisibile a volte stendano la mano e magari a volte possono essere anche molesti, ma che c'entro io?

Uno di questi giorni esco in giacca e cravatta, mi metto una maschera bianca anonima, e me ne vado per calle florida a vedere le facce che fa la gente.
Si che è un paese cattolico, che "siamo tutti uguali", in realtà ci sono i coloni e gli schiavi e ai semafori i lavavetri mi sorridono e salutano solo perchè sono in bici.

Continuo ad essere convinto che tutto ciò possa essere cambiato, ma continuo a non vedere volontà di farlo ma solo ottusaggine negli occhi della gente, e allora vaffanculo domani mi metto di nuovo la mascherina antismog.

venerdì 12 giugno 2009

Panzarotto

La mezcla, la sovrapposizione, il condividersi e l'ignorarsi. A Napoli come a Buenos Aires il confine tra legale ed illegale è sottile.Anzi no, non è sottile, è anzi largo, larghissimo, un'unica sfumatura che va dalla 'i' di illegale fino alla ultima 'e' di legale.
Per questo scene come quelle ritratte in questo filmato, che sono napoletanità pura, potrebbero tranquillamente vedersi a baires.


Piccolo, spazio, pubblicità

Chavez in Venezuela ha proibito la coca cola zero.Pare sia dannosa per la salute.Blanda scoperta. E' una vita che si sa che l'aspartame è cancerogeno, ma dolcificanti e dolcificatori somo ancora massivamente usati nell'industria dolciaria al grido di "perdi peso prenditi un cancro!".
Quando qui lo sottolineo ai miei commensali, con tipico sguardo napoletano loro mi dicono "e vabbè sai quanta munnezza ci mangiamo?".
Il marketing a buenos aires è vorace. mette sotto pressione qualsiasi 'segmento di mercato', invade spazi, fagocita gli avversari.Sul campo di battaglia restano idee prive di contenuto e gente confusa.
I nomi dei ristoranti bisogna cercarli ben bene tra le pieghe delle pubblicità che gridano.

L'altra sera ero al pub a vedere argentina ecuador. A un certo punto un giocatore si trova in fuori gioco e parte (con un volume notevolmente superiore a quello del telecronista) un messaggio pubblicitario che copre per un terzo tutta la fascia inferiore dello schermo.Io resto allibito, mi guardo attorno in attesa dei commenti infastiditi delle persone.Nada de nada de nada.Tutto normale.
Un collega mi dice "è sempre peggio", e ride.

Pare in provincia se la passino peggio.Nei locali si fottono anche il terzo superiore del monitor con sponsor locali.Per cui le azioni di Messi e le inquadrature su Maradona sono schiacciate in un surreale rapporto 32:9 tra "usa banco di sta ceppa e la vita ti sorride" e "vieni a mangiare la pizza da giggino el maricòn".

L'apoteosi sta nell'arrivare a sponsorizzare persino i nomi delle strade.

Questione di lettere


vi sraà suricnemate ctaipato di revecicre una mial dvoe si dvecia che il crvlleeo unamo si caga sloo la pirma e la utmila ltterea di ongi paorla.

Cosa posso aver letto io quando ho visto questa foto?



forse sarebbe giusto recuperare il valore del cantero, applicare a questo storico prodotto un po di marketing, ed offrirlo in differenti forme misure e colori.

giovedì 11 giugno 2009

Lumfardo spicciolo

1 mango = 1 peso
1 gamba = 100 pesos
1 luca = 1000 pesos
1 palo = 1000000 pesos

1 birra = 1 birra

mercoledì 10 giugno 2009

Via Napoli

Come già detto Buenos Aires è tutta squadrata.Talmente squadrata che quando incontri una piazzetta, un bivio, o addirittura una curva (no vabbè scherzavo le curve non esistono) non puoi non restarne affascinato.
Ieri tornando a casa riflettevo sui nomi delle strade che scivolavano sotto le ruote della mia bici.
dividerei i nomi in due grosse tipologie: i nomi che suonano deciamente sudamericani come tucumàn, maipù, suipacha, talcahuano, e quelli relativi ai militari come Gral. Rodriguez Pena, dove Gral sta per General. E poi ci sono quelli delle città, o comunque geografici, vedi Cordoba, Florida, Tucùman (che è pure una città). E poi ad un certo punto vedi: Boulogne sur Mer.
Mò dico io, ma perchè una strada in pieno centro dedicata a Boulogne sur mer e manc nu vicariell fetent dedicato a Napoli?
Le uniche tracce di una "Via Napoli" si trovano alla periferia sud di Mar del Plata... a 400Km da Buenos Aires.

martedì 9 giugno 2009

Forchetta e cucchiaio

Paese che vai usanza che trovi.
Sarà colpa del fatto che italia ed argentina stanno in due emisferi opposti ma in argentina uno che mangia gli spaghetti accompagnandosi con il cucchiaio è uno che "ci sa fare", un buongustaio, intimo conoscitore di tutti i segreti della cucina italiana. Dagli spaghetti alla "principe di napoli" a quelli alla "parisienne" , tutti piatti ovviamente inesistenti nello stivale.

In italia invece chi mangia gli spaghetti col cucchiaio o non è mai cresciuto o è mediamente considerato un cafone... è stato difficile farglielo accettare

lunedì 8 giugno 2009

e-Migrante

Gli italiani che si sono trasferiti in argentina, a ridosso delle due guerre mondiali, sapevano da cosa fuggivano e non sapevano a cosa andavano incontro ( un po' come Lello). Quando poi l'hanno scoperto era troppo tardi per tornare a casa. E allora si sono messi con le spalle al mare ed hanno cominciato a figliare.

Oggi grazie a facebook chiunque dei miei più o meno amici può sapere con un'approssimazione di circa tre strappi di cartigienica, l'istante esatto in cui sto cacando. Più difficile fargli sentire il profumo della carne e la puzza della carne, fargli capire quanto è bello girare in bici per Belgrano e quanto si intreccino sotto gli occhi di tutti ricchezza e povertà.

Due settimane fa ero a Napoli, giusto per il tempo necessario a ricordarsi quanto è bella.
Ormai divido i napoletani in quelli che sono rimasti e quelli che se ne sono andati. O forse a fare questa distinzione sono solo quelli che restano, perchè in realtà uno napoli se la porta appresso tatuata, sempre, e non se ne può liberare neanche quando vorrebbe.

Napoli è un'isola, nello spazio e nel tempo, una discontinuità nel progresso umano (nel senso buono eh!), un'eccezione che fa godere la regola.Buenos Aires per molti motivi ne è la succursale ideale, e questo mi aiuta a decifrare ed interpretare alcuni meccanismi.

"Vabbè ma tu te ne sei andato non puoi parlare". Andersene da Napoli. Non si capisce se significa uscire da Napoli o entrare da Napoli, quello che è certo è che varcare la soglia equivale ad una delle fasi della crescita che non sempre è contemplata per i nascituri partenopei. Una sorta di rescissione del cordone ombelicale che è anche peccato mortale, rinuncia alla madre, quasi offesa del padre, a cui non si può essere preparati. Così i napoletani ti fanno sentire quando te ne vai. O forse ti ci senti tu così, proprio perchè sei napoletano.

La città si regge su un equilibrio assiomatico che non è possibile mettere in discussione. La camorra c'è "ma tanto tutto il mondo è paese e rubano pure a Lugano", ogni tanto qualche cocainomane tira schiaffi alla gente da motorini in corsa "ma puoi uscire tranquillamente quando vuoi, basta che stai attento", lavoro non ce n'è "ma se conosci qualcuno è sempre meglio", la pizza la fanno in tutto il mondo "si ma come la fanno a napoli!", X è un piatto tipico di Y "si ma come lo fanno a napoli!", provi a non farti rubare niente perchè se no prima di tutto "è colpa tua che sei stato poco attento" ed oltre all'incazzatura ti devi prendere pure lo 'scuorno' in faccia.

Il tempo necessario a capire che Napoli non è una città normale è quello che va dal farsi verde del semaforo al primo segnale di clacson, matematicamente suonato dall'ultimo in coda. Stamattina mi è successa la stessa cosa all'incrocio tra Paraguay e Jean Jaurès e mi sono sentito a casa e per l'ennesima volta mi sono chiesto "ma che cazzo bussa a fare se poi al prossimo incrocio si incazza se è primo e gli altri indietro bussano?". Non mi sono mai dato una risposta.
Napoli vive in un loop, un circolo vizioso in cui si è contemporaneamente i primi e gli ultimi, i più sfigati (che già sfigato uno a Napoli lo dice solo se è tornato da un weekend a Roma o Milano) e i più dritti, i te lo metto in culo io prima che me lo metti in culo tu, i farò-dirò e gli 'io speriamo che me la cavo', quelli che rubano e quelli che sono derubati, quelli che se ne sono andati e quelli che restano. La città gode della stessa energia che tiene in equilibrio un protone ed un elettrone in una molecola di caffè (che a Napoli fa elemento a parte).

Ma se non fosse quella che è, Napoli non sarebbe Napoli, sarebbe come una puttana che non si prostituisce o un prete che non pecca.
Se è vero che Napoli è il mondo, condensato tra il vesuvio e il mare, è vero anche che il mondo non è Napoli, che chi se ne va non dimentica quello che ha vissuto mentre spesso chi resta si rifiuta di ascoltare chi torna.

Che poi io da Napoli manco me ne volevo andare. Io volevo restare. Per cambiarla, migliorarla. Ma io mi domando e dico: chi sono io per cambiare Napoli?